sabato 3 agosto 2013

UNA MENTE INQUIETA

Kay Jamison è uno dei massimi esperti al mondo di disturbo bipolare e il suo libro Una mente inquieta (1995) è al contempo un saggio competente e un’autobiografia tormentata, soffrendo lei stessa il disturbo di cui è diventata un’autorità indiscussa.

“… divenni, per necessità e per inclinazione intellettuale, una studiosa dell’umore. E’ stato l’unico modo che conosco per comprendere e accettare la mia malattia, e anche per cercare di migliorare la vita di altre persone affette da disturbi dell’umore. La malattia che in diverse occasioni mi ha quasi ucciso uccide ogni anno decine di migliaia di persone: la maggior parte è giovane, la maggior parte muore inutilmente e molti sono tra gli individui più creativi e dotati.

I cinesi credono che per poter sopraffare una bestia la si debba prima rendere bellissima. In un certo senso è ciò che ho cercato di fare con la malattia maniaco-depressiva. Benché mortale, essa è stata una compagna e una nemica affascinante di cui ho scoperto la complessità seducente, un distillato di quanto di meglio e di più pericoloso esiste nella nostra natura. Per combatterla ho dovuto prima conoscerne tutti gli umori e gli infiniti travestimenti, e comprenderne i poteri reali e presunti…” pag . 18-19

“ Per me gli anni lunghi e importanti dell’infanzia e della prima adolescenza furono in gran parte molto felici e mi diedero una solida base di affetto, di amicizia e di fiducia in me stessa. Sarebbero divenuti un talismano potentissimo, una forza vigorosa e positiva da contrapporre all’infelicità futura…. Per quanto profondamente si radicasse nella mia mente e nel mio spirito, l’oscurità mi sembrò quasi sempre una forza esteriore in lotta con il mio io normale.” Pag. 28

A proposito di un’autopsia a cui deve assistere e di cui è orrorizzata: “… la curiosità divenne una forza trainante di per se’. Mi concentrai sulle domande e non vidi più il cadavere. Come mille altre volte in seguito, la mia indole e la curiosità mi avevano condotto in luoghi che a livello emotivo non ero del tutto in grado di affrontare, ma quella stessa curiosità e il lato scientifico della mia mente avevano prodotto un distacco e una struttura sufficienti a consentirmi di manovrare, deviare, riflettere e andare oltre.” Pag.35

Un importante cambiamento d’ambiente (il padre lascia l’aeronautica- stavano a Washington- e accetta un lavoro come scienziato in California) le provoca nell’adolescenza i primi disagi. Anche il padre comincia a presentare gravi squilibri psichici. Pagg. 42 e segg.

Primo attacco della malattia avviene nell’ultimo anno delle superiori: prima leggera ondata maniacale e poi crisi: “ leggevo e rileggevo lo stesso passaggio e mi rendevo conto di non ricordare nulla di ciò che avevo appena letto” pag. 49

“ Ogni giorno mi svegliavo stanchissima, una sensazione estranea al mio io normale come la noia o l’indifferenza per la vita. Quelle vennero subito dopo. E poi una fissazione grigia e desolante per la morte, il morire, il decadimento: tutto era nato per morire, meglio morire subito e risparmiarsi la sofferenza dell’attesa” pag. 50

“Andare a lezione, quando ci andavo, era inutile. Una sofferenza inutile. Capivo pochissimo e mi sembrava che solo la morte potesse liberarmi dal soverchiante senso di inadeguatezza e di oscurità  che mi circondava… La mia mente saltava da un argomento all’altro,veniva inondata da immagini e da suoni orribili di putrefazione e di morte….” Pag.55

Un professore di psicologia (teoria della  personalità), quando l’autrice è matricola, di fronte a delle sue interpretazioni originali del test di Rorschach, le definisce creative, mentre altri sicuramente le avrebbero definite psicotiche.
L’autrice dice:”… fu la mia prima lezione sulla valutazione dei confini complessi e permeabili tra pensiero originale e pensiero anormale, e gli sono profondamente debitrice per la tolleranza intellettuale che conferì una sfumatura positiva anziché patologica a ciò che avevo scritto… d’un tratto mi resi conto che finalmente mi trovavo nella situazione in cui qualcuno rispettava il mio spirito di indipendenza “. Pag. 57

Come accade a molte persone che soffrono di depressione, l’autrice quando è ancora studentessa, diffida degli antidepressivi, attribuendo le cause dei suoi sbalzi d’umore a motivi esistenziali più complessi. Pag 64

“… comune nei primi anni della malattia maniaco-depressiva, è una tregua ingannevole nell’andamento ricorrente che il disturbo finisce per assumere se non viene curato.” E’ quello che in termini tecnici si chiama remissione. Pag. 66

Benché all’università in psicopatologia insegnino a fare una diagnosi, la sua mente non stabilisce nessun legame tra i problemi comportamentali che aveva avuto e ciò che i libri di testo chiamavano malattia maniaco-depressiva. Si accorge però di essere più a proprio agio dei colleghi nel trattare i pazienti psicotici. Pag. 68

L’autrice, pur riconoscendo di avere dissentito negli anni dagli psicanalisti e in modo particolare da quelli che si oppongono alla terapia farmacologia dei disturbi dell’umore, ha trovato di valore inestimabile l’importanza che la sua iniziale formazione in psicoterapia attribuiva ad alcuni aspetti del  pensiero psicanalitico. L’autrice definisce inutile ed arbitraria la distinzione tra psichiatria “biologica”, che pone l’accento sulle cause e sulle cure mediche delle malattie mentali, e psicologie “ dinamiche”, più attente ai problemi relativi al primo sviluppo, alla struttura della personalità, ai conflitti e alle motivazioni, al pensiero inconscio. Pag. 69

“ La maggior parte delle mie conoscenze deriva dal gran numero e dalla varietà di pazienti che ho esaminato e curato negli anni di tirocinio prima di ottenere il dottorato”. Pag. 70

“Questo genere di follia provoca una sofferenza, un’euforia, una solitudine e un terrore particolare. Quando sei su di giri è fantastico….. ma a un certo punto tutto cambia… una confusione travolgente prende il posto della chiarezza. La memoria se ne va….sei irritabile. Arrabbiata, spaventata, fuori controllo e completamente intrappolata negli antri più neri della mente. Non sapevi che quegli antri esistessero. E non finirà mai, perché la follia scolpisce la sua propria realtà” pag. 75

“Non mi ritrovai pazza da un giorno all’altro… mi resi gradualmente conto che la mia vita e la mia mente andavano sempre più veloci, fino a girare all’impazzata completamente fuori controllo….lavoravo moltissimo e, ripensandoci, dormivo molto poco. La diminuzione del sonno è al tempo stesso un sintomo e una causa della mania…” pag.77

“La mia mente cominciava ad arrancare per star dietro a se stessa, i pensieri si susseguivano così velocida intersecarsi l’uno con l’altro a ogni angolazione possibile. Nell’autostrada del mio cervello si stava verificando un tamponamento a catena di neuroni, e più cercavo di rallentare il pensiero più mi rendevo conto di non poterlo fare… Ero sempre più irrequieta, irritabile e desideravo una vita eccitante; tutto a un tratto mi ribellavo proprio a ciò che amavo di più in mio marito: la sua gentilezza, il suo equilibrio, il suo calore e il suo amore. Mi protesi d’impulso verso una vita nuova…” pag. 79-81

Uno degli aspetti della malattia è l’impulso irrefrenabile a comprare: pag.81-82

“I suoni in generale e la musica in particolare mi davano sensazioni intense… Dapprima percepivo ogni singola nota, poi le sentivo tutte insieme e poi ciascuna e tutte assumevano una bellezza e una limpidezza penetrante. Mi sembrava di essere
nella buca dell’orchestra; ben presto l’intensità e la tristezza della musica classica divenivano insopportabili… Lentamente l’oscurità si insinuò nella mente e presto persi completamente il controllo… Una sera, mentre ero in salotto a osservare il tramonto rosso sangue diffondersi all’orizzonte sull’oceano Pacifico, ebbi d’un tratto una strana sensazione di luce in fondo agli occhi, e quasi subito nella mia testa vidi un’enorme centrifuga nera. Notai una figura alta, in un abito lungo da sera avvicinarsi alla centrifuga con in mano una provetta grande come un vaso e piena di sangue. Quando la figura si voltò vidi con orrore che ero io…..” pag .87

“Le mie allucinazioni si focalizzarono sulla morte lenta e dolorosa delle piante verdi: pianta dopo pianta, stelo dopo stelo, foglia dopo foglia morivano tutte, e io non potevo fare nulla per salvarle. Le loro grida erano cacofoniche. Le mie visioni erano sempre più nere e catastrofiche”. Pag.89

“…se hai avuto le stelle ai tuoi piedi e gli anelli dei pianeti tra le mani, se eri abituata a dormire quattro o cinque ore per notte e adesso ne dormi otto, se potevi stare alzata tutta la notte per settimane e mesi di fila e non ci riesci più, abituarsi è difficile come adattarsi a un orario d’ufficio che, pur essendo comodo per molti, per te è nuovo, restrittivo, in apparenza meno produttivo e dannatamente meno inebriante…” pag.98

“ Quando mi sentivo di nuovo bene non desideravo più prendere la medicina (nota: litio) né ero incentivata a farlo. Non avevo mai voluto prenderla, non riuscivo ad abituarmi agli effetti collaterali, mi mancavano i miei alti, e quando mi sentivo di nuovo normale era facilissimo negare che soffrivo di una malattia ricorrente. Ero convinta di essere un’eccezione rispetto a tutti gli studi di ricerca, dai quali risulta che la malattia maniaco-depressiva ritorna, spesso in forma più grave e con maggiore frequenza” pag. 105-106

“La mania delirante è molte cose, tutte indicibilmente orribili” pag. 110

La morbosità della mia mente era sbalorditiva: la Morte e i suoi simili erano compagni sempre presenti. Vedevo Morte dappertutto, con gli occhi della mente vedevo sudari, etichette da obitorio e sacchi per cadaveri. Tutto mi ricordava che ogni cosa finisce all’ossario…. E, sempre, ogni cosa mi costava fatica. Impiegavo ore a lavarmi i capelli, e poi rimanevo sfinita per ore; riempire il vassoio dei cubetti di ghiaccio era superiore alle mie forze, e a volte dormivo con gli stessi vestiti che avevo indossato durante il giorno perché ero troppo esausta per spogliarmi”. pag. 114-115 (crisi di depressione)

“Tanto i miei accessi maniacali quanto le mie depressioni avevano aspetti violenti. La violenza, soprattutto in una donna, non è qualcosa di cui si parla volentieri. Essere furiosamente fuori controllo, al punto di attaccare gli altri fisicamente, di gridare come una pazza con quanto fiato si ha in gola, di correre freneticamente senza meta né limite o di cercare di saltare da una macchina in corsa, è una condizione che spaventa se stessi e gli altri. Durante i miei accessi di furia maniacale ho fatto tutte queste cose, alcune delle quali più volte… Mi hanno immobilizzato con la forza bruta, sbattuto a calci per terra a pancia in giù con le mani bloccate dietro la schiena e somministrato farmaci contro la mia volontà”. pag. 123
La malattia maniaco- depressiva può uccidere e donare la vita. Il fuoco, per sua natura, crea e distrugge. Ha scritto Dylan Thomas: “La forza che attraverso la verde miccia sospinge il fiore
Sospinge la mia verde età; quella che spacca le radici agli alberi
E’ la mia distruttrice” –“Poesie”, Guanda, Milano, 1976, p. 15
La mania è una forza che spinge e distrugge: è un fuoco nel sangue”. pag. 126

“ Robert Lowell… ebbe il buon senso di non credere in una dose dovuta di felicità: se vediamo una luce in fondo al tunnel, disse, sarà la luce di un treno in arrivo”. pag. 141

“ E’ la storia delle nostre gentilezze che, da sola, rende tollerabile questo mondo. Se non fosse per questo, per l’effetto di una parola gentile, di uno sguardo gentile, di una lettera gentile… sarei incline a considerare la nostra vita uno scherzo di pessimo gusto” citazione da Robert Louis Stevenson, pag. 147

“Il dolore è molto diverso dalla depressione: è triste, è orribile, ma non è senza speranza”. pag. 151

“ E’ vero che nei giorni e nelle settimane in cui si vola alti si conclude moltissimo, ma è altrettanto vero che si concepiscono progetti nuovi e si prendono nuovi impegni che poi devono essere portati a termine durante i periodi di grigiore”. Pag.167

“Compresi tardi che il caos e l’intensità non sono sostituti dell’ amore duraturo né sono necessariamente un miglioramento della vita reale “. pag. 167-168

“ Non è una malattia che si presta alla simpatia. Quando la mia inquietudine e la mia prostrazione diventano collera o violenza o psicosi… gli altri trovano difficile considerarmi malata invece che testarda,arrabbiata,irragionevole o semplicemente insopportabile”. pag. 171

“Pur se non è una cura, l’amore agisce senz’altro come un farmaco potente. Come ha scritto John Donne forse non è astratto e puro come uno può aver creduto e desiderato, ma non si arrende e cresce…”. pag. 172

“Le manie più leggere sono una promessa, per un po’ mantenuta, di primavera durante l’inverno e di energia straordinaria. Ma alla fredda luce del giorno, la realtà e la capacità di devastazione della malattia ridestata tendono ad affievolire la suggestione di quei momenti dolci, intensi e malinconici che si ricordano in modo tanto selettivo”. pag. 204- 205

“Sotto quelle stelle” ha detto Melville,” c’è un universo di mostri luccicanti”. pag. 206


“Ciascuno di noi dentro di se’ innalza un frangiflutti per difendersi dalle tristezze della vita e dalle forze spesso schiaccianti che abitano la mente. Comunque lo facciamo- attraverso l’amore, la famiglia, la fede, gli amici, il rifiuto, l’alcol, la droga o i farmaci-, costruiamo quei muri pietra su pietra per tutta la vita…. Per me, con la mia mente e i miei umori, i farmaci costituiscono un elemento indispensabile del muro; senza di essi sarei sempre in balia dei flutti travolgenti del mare della mente; senza dubbio ormai sarei morta o pazza.

Ma la parte più straordinaria del mio frangiflutti è l’amore, che mi aiuta a chiudere fuori il terrore e l’orrore, consentendo allo stesso tempo alla vita, alla bellezza e alla vitalità di  entrareQuando ho pensato di scrivere questo libro, l’ho concepito come un libro sull’umore e su una malattia dell’umore nel contesto della vita di una persona. Così come l’ho scritto, invece, è diventato anche un libro sull’amore: l’amore che sostiene, che rinnova e che protegge… In modo inspiegabile e salvifico, è stato un mantello e una luce per le stagioni fredde e i tempi bui”. pag. 207

“ Penso che la malattia mi abbia costretto a mettere alla prova i limiti della mia mente (che resiste, pur se è carente) e quelli della mia educazione, della mia famiglia, della mia cultura e dei miei amici.
Le innumerevoli ipomanie, e le manie stesse, hanno introdotto nella mia vita una diversa intensità di percezione, di emozione e di pensiero. Anche nei peggiori momenti di psicosi, di mania, di delirio e di allucinazione mi rendevo conto di scoprire nuovi angoli della mia mente e del mio cuore. Alcuni tanto incredibili e belli da togliermi il respiro e farmi sentire che se fossi morta in quell’istante quelle visioni mi avrebbero accolto. Altri tanto grotteschi e brutti che non avrei mai voluto conoscerne l’esistenza né vederli di nuovo: ma sempre, c’erano angoli nuovi, e quando  mi sento me stessa, cosa di cui sono debitrice ai farmaci e all’amore, non riesco ad immaginare di essere stanca della vita proprio perché so che esistono quegli angoli infiniti dalla prospettiva sconfinata”. pag. 211

Kay Redfield Jamison, «Una mente inquieta», Longanesi, Milano 1996.


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