domenica 4 agosto 2013

MOLTE DIAGNOSI SBAGLIATE SUL DISTURBO BIPOLARE

MILANO - Ogni giorno in Italia si verificano migliaia di errori di diagnosi in pazienti affetti da disturbo bipolare scambiati soprattutto per semplici depressi (60%) o per ansiosi (26%), con conseguenti inadeguati trattamenti che possono finire col peggiorare la loro situazione talora al punto da spingerli sull’orlo del suicidio, un rischio che in questi pazienti è 15-30 volte più elevato del normale.
PAZIENTI DIFFICILI E COSTOSI - E anche senza arrivare a tanto, i costi sociosanitari che potrebbero essere evitati sono enormi, dagli effetti collaterali di farmaci inadatti al maggior ricorso alle strutture assistenziali, senza contare il carico enorme che grava sulla qualità di vita di questi pazienti e dei loro familiari, spesso aggravata dall’abuso di sostanze particolarmente frequente (30-50% dei casi) che si verifica in mancanza della giusta cura, una cura che comunque parte svantaggiata perché, secondo uno studio di due anni fa, quando questi pazienti virano nella fase maniacale, la abbondano nella misura del 35,3% obbligando il medico a seguirli continuamente.
DIAGNOSI DIFFICILE E SENZA AIUTI - «La diagnosi di disturbo bipolare, che si basa su elementi clinici e anamnestici, non è facile perché l’andamento della malattia è di per sé insidioso - spiega il presidente della Società Italiana di Psichiatria, professor Claudio Mencacci del Fatebenefratelli di Milano -. Se il paziente arriva da noi nella fase depressiva può ingannarci, per poi virare nella fase maniacale in cui il tono dell’umore è completamente opposto. Purtroppo i pazienti non vanno mai dal medico quando sono in questa fase in cui si sentono dei leoni e pensano di non aver alcun bisogno di cure e si oppongono ai familiari che tentano di convincerli a farsi visitare. Come riconoscerli? L’unica arma di cui disponiamo è un’attenta valutazione clinica perché purtroppo è sempre mancato, in questa come nelle altre malattie psichiatriche, un marker obbiettivo capace di fornire una diagnosi di certezza. In passato il test al desametazone non aveva dato i risultati sperati. Solo negli ultimi anni stanno emergendo in psichiatria marker biologici e soprattutto di neuroimaging che possono indirizzare verso la diagnosi. Ad esempio Stephen Strakowski dell’Università di Cininnati aveva scoperto che in risposta agli stimoli emotivi in molti pazienti bipolari si evidenzia con la risonanza magnetica funzionale un’attività della corteccia cerebrale prefrontale ventrale rallentata: di assoluta certezza però non si può ancora parlare».


VISCOSITÀ E SEROTONINA - Il secondo presupposto è che la serotonina, neurotrasmettitore importante in numerose attività che vanno dal sonno alla fame, gioca un ruolo fondamentale nelle alterazioni dell’umore, dalla depressione al disturbo bipolare. In risposta agli acidi grassi circolanti, sia le piastrine che i neuroni cambiano la viscosità della loro membrana e lo fanno allo stesso modo. E questo cambiamento di viscosità influenza il legame che queste due cellule tanto simili instaurano con la serotonina. Quando manca serotonina il neurone risponde con la depressione, tant’è vero che i farmaci antidepressivi hanno la comune capacità di opporsi alla malattia facendo aumentare la quantità di serotonina che si lega alla cellula nervosa. La viscosità della membrana dei neuroni cambia ovviamente anche in condizioni fisiologiche ma, hanno scoperto i ricercatori svizzeri, quando non riesce a mantenersi a lungo stabile dà luogo a disturbi dell’umore: se cambia troppo rapidamente si sviluppa depressione, se lo fa troppo lentamente s’instaura disturbo bipolare. Osservando come cambia la viscosità della membrana delle piastrine sappiamo cosa aspettarci e grazie a un particolare algoritmo che tiene conto di tutte queste variabili è possibile riprodurre tramite computer una mappa chiamata Self Organizing Map-SOM o più semplicemente ADAM, formata da quattro aree: in quella verde ricadono i soggetti normali, in quella rossa i depressi e nelle due centrali gialla e arancione i bipolari.


UN ESAME EFFICACE E POCO COSTOSO - Si tratta peraltro di esami costosi che richiedono apparecchiature complesse: all’Università L.U.de.S. di Lugano hanno invece ideato un metodo adatto alla spending review che ha ristretto i fondi della ricerca nell’ultimo anno: al servizio sanitario costerebbe qualcosa come 50 euro a paziente, che potrebbe semmai contribuire con un ticket comunque alla portata di tutti. Può essere effettuato in qualsiasi ospedale e basta un semplice prelievo ematico: si chiama ADAM e si basa sul presupposto, già in parte noto, che la membrana delle piastrine del sangue è lo specchio di quella dei neuroni, cosicché studiando le piastrine possiamo capire cosa succede nelle cellule nervose.

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