sabato 3 agosto 2013

VIRGINIA WOOLF E IL DISTURBO BIPOLARE

«Carissimo, sono certa di stare impazzendo di nuovo. Sento che non possiamo affrontare un altro di quei terribili momenti. E questa volta non guarirò. Inizio a sentire voci, e non riesco a concentrarmi. Perciò sto facendo quella che sembra la cosa migliore da fare. Tu mi hai dato la maggiore felicità possibile. Sei stato in ogni modo tutto ciò che nessuno avrebbe mai potuto essere. Non penso che due persone abbiano potuto essere più felici fino a quando è arrivata questa terribile malattia. Non posso più combattere. So che ti sto rovinando la vita, che senza di me potresti andare avanti. E lo farai lo so. Vedi non riesco neanche a scrivere questo come si deve. Non riesco a leggere. Quello che voglio dirti è che devo tutta la felicità della mia vita a te. Sei stato completamente paziente con me, e incredibilmente buono. Voglio dirlo – tutti lo sanno. Se qualcuno avesse potuto salvarmi saresti stato tu. Tutto se n’è andato da me tranne la certezza della tua bontà. Non posso continuare a rovinarti la vita. Non credo che due persone possano essere state più felici di quanto lo siamo stati noi. V. »
Con queste tristi, ma intense parole, scritte su un biglietto appoggiato sulla mensola del camino,Virginia Woolf, scrittrice, saggista e attivista britannica, dà il suo ultimo saluto al marito Leonard, poco prima di uscire di casa, con il suo bastone da passeggio, per arrivare lungo il fiume dove, di lì a poco, si sarebbe lasciata annegare, infilandosi delle grosse pietre nella tasca della giacca. La morte, da lei definita “l’unica esperienza che non descriverò mai”, viene scelta per l’ultima e definitiva volta (in passato aveva già tentato il suicidio). Il mattino del 28 Marzo 1941 il mondo assiste impotente all’addio di una delle più tormentate menti del Novecento che, dopo cinquantanove anni di vita, non può più tollerare di farne parte.
Il malessere esistenziale della Woolf ha sempre messo duramente alla prova lei e chi più le voleva bene, primo tra tutti il marito che l’aveva sposata senza conoscerne i disturbi, nonostante, già prima del matrimonio, la donna aveva avuto modo di esternarli, ma che non si era mai tirato indietro nel sostenerla. Un detto afferma che, dietro ogni grande uomo, si cela una grande donna, ma questo era un caso in cui, dietro ad una grande donna, si celava un grande uomo.
Oggi probabilmente definiremmo il disturbo psicologico della Woolf come un disturbo bipolare e, negli ultimi tempi, sembra ci fossero anche i sintomi di una psicosi in atto. In famiglia c’erano stati altri membri con fragilità psicologiche evidenti e la scrittrice, da piccola, era stata molestata sessualmente, insieme alla sorella Vanessa, dal fratellastro, esperienza che indubbiamente la segnò.
Una propensione letteraria notevole, una intelligenza acuta, una sensibilità fuori dal comune e la sofferenza derivata dal suo essere al mondo fecero di Virginia Woolf ciò che era e ciò che ci ha lasciato.

1 commento: